Le rose di Atacama by Luis Sepúlveda

Le rose di Atacama by Luis Sepúlveda

autore:Luis Sepúlveda [Sepúlveda, Luis]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Guanda
pubblicato: 2016-07-06T22:00:00+00:00


Cavatori

Questa potrebbe essere una breve storia con tre linee narrative. La prima parla di un artista, di uno scultore che nella fertile solitudine del suo studio contempla soddisfatto il modellino della sua ultima opera, una statua equestre di Alessandro Magno.

La seconda tratta di un uomo di Pietrasanta, una bellissima città toscana. Appena spunta il sole, senza altro aiuto che le sue mani forti e i suoi piedi saldi, inizia ad arrampicarsi come un gatto sulla superficie liscia, verticale, di una montagna. E'un cavatore, un operaio delle cave di marmo.

La terza allude a una ragazza della stessa città. E' giovane, bella, fragile e solo il vigore delle sue mani tradisce il mestiere che si tramanda in lei da oltre dieci generazioni: è marmista, anche se a rigore dovrei chiamarla scultrice, perché sono proprio le sue abili mani a dar forma e armonia a quelle che in seguito diventeranno opere d'arte firmate da prestigiosi maestri. La sua destrezza è ricompensata dalla stima di alcuni scultori, ma il gran riconoscimento si chiamerà silicosi o tisi dei marmisti.

L'artista fa ora visita a un architetto: assieme studiano il magnifico posto prescelto per rendere eterna memoria ad Alessandro Magno e al suo cavallo. I due parlano dell'illuminazione che durante la notte metterà in risalto la nobiltà del marmo, dei cipressi che affiancheranno la scultura restituendo all'eroe la giovinezza dei suoi combattimenti.

Con il sole a picco sulla testa e gli occhi appena rinfrescati dalla lontana presenza del mar Tirreno, il Cavatore palpa la superficie del marmo, vi batte sopra come se bussasse alla porta della grande stanza da letto degli eroi, fino a scoprire un punto in cui conficcare un piolo di ferro. Poi vi assicura una lunga corda, si lega l'altro capo alla vita e scende sul lato più liscio e perfetto della pietra per tracciare con mazza e scalpello i segni che delimitano la statura di Alessandro Magno e del suo cavallo. Cento metri più in basso i suoi compagni lo osservano, forse masticando pezzi del lardo dei cavatori, stagionato senza altri aromi che le erbe e il vento di quei monti, o forse lanciando ogni tanto un'occhiata a una statuina di Gesù su cui si legge: «PROTEGGI IL NOSTRO LAVORO».

La ragazza arriva nel laboratorio, i suoi passi sollevano nuvole di quel pulviscolo di marmo che la storia dell'arte ha lasciato in ogni angolo di Pietrasanta. La giovane saluta i suoi compagni che hanno appena iniziato la giornata di lavoro e sono già completamente ricoperti di polvere bianca. Dopo mezz'ora anche lei è ridotta come loro e solo i suoi movimenti, mentre manipola attrezzi antichi e moderni, la distinguono dalle centinaia di statue che aspettano, immobili nell'ordine dei personaggi illustri, l'arrivo dei grandi maestri per ricevere il tocco finale e la firma di rigore.

L'artista forse ha sofferto notti di insonnia per realizzare uno dopo l'altro vari bozzetti fino a mettere esattamente a fuoco la sua immagine di Alessandro Magno. Forse l'ha visto superbo o sereno, misericordioso o logorato dal disprezzo delle vittorie.

A me non importa decisamente nulla degli eroi vittoriosi.



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